IL MUSEO STORICO ED INTERATTIVO “ORO DELL’ORBA”
Come anche altri fiumi auriferi della Val Padana il torrente Orba è stato nei secoli oggetto di intensa attività di “pesca dell’oro “e in qualche periodo di vere e proprie coltivazioni a livello industriale.
Di tale attività esistono numerose testimonianze, raccolte dal dott. Giuseppe Pipino e da lui illustrate in varie pubblicazioni e nell’allora museo storico dell’oro italiano costituito nel 1987 a Predosa. Dall’inizio del 2019 esse sono state raggruppate in forma definitiva nel Museo di Casal Cermelli, uno dei piccoli centri della bassa valle dell’Orba. La scelta del paese non è casuale come non lo è stata la disponibilità dimostrata dalla Cascina Merlanetta che ha messo a disposizione una porzione restaurata del vecchio fabbricato rurale. Casal Cermelli è infatti l’unico paese della Val d’Orba dove è ancora vivo il ricordo dell’attività di “pesca “svolta in passato dai Casalcermellesi e dagli abitanti della vicina frazione di Portanova: molti ancora ricordano i racconti dei propri genitori che, da ragazzi, aiutavano i parenti più anziani a raccogliere e setacciare le sabbie aurifere dell’Orba.
L'ORO DELL'ORBA E LA SUA STORIA
"Porti d'i barlafìs": gli utensili di un mondo perduto
Numerosi erano infatti quelli che, in tempi passati e fino a non molti decenni or sono, si dedicavano alla “pesca dell’oro” nell’Orba alternando tale attività alla cura dei campi.
A Casal Cermelli operavano in particolare le famiglie Nizzo, Testa, Bianchi, Grassano e Bastianino a Portanova i Marzola e i Ricagni. La giornata di lavoro rendeva due o tre grammi d’oro sino a sette o otto grammi in punti particolarmente ricchi e in periodi fortunati. Il casalcermellese Biagio Testa ricordava che negli anni trenta del secolo scorso suo padre e suo nonno in un solo giorno riuscirono a mettere insieme ben diciotto grammi del prezioso metallo. Il sistema ed i mezzi usati erano semplici ed antichi.
Riconosciuta la zona più ricca con piccoli assaggi, si procedeva al setacciamento del materiale grossolano, e al lavaggio della sabbia ottenuta, fatta scorrere su un piccolo asse scanalato opportunamente sistemato in modo che la corrente d’acqua trascinasse via la parte leggera.
Successivamente il "concentrato" andava poi lavato al piatto per poter così recuperare le pagliuzze d'oro rimaste sul fondo.
Adiacente al museo del cercatore d'oro è allestito il "Porti d'i barlafìs" ovvero una ricchissima collezione di attrezzi della civiltà rurale utilizzati nei secoli scorsi dalla popolazione locale.